martedì 3 gennaio 2012

In  un’epoca  sempre  più  dominata  dalla  globalizzazione,  l’educazione  alla  fantasia “dal vivo” e  alla conoscenza delle  emozioni “dal vivo” diventa sempre più  necessaria  non  solo per controbilanciare questa tendenza ma anche per fornire un supporto insostituibile al processo di scambio evolutivo, criticita’ e di crescita  umana.  Le favole  raccontano attraverso metafore e immagini, la storia della nostra vita, le difficoltà del quotidiano e il  rapporto  con  la  nostra  morte.  Queste  rimangono  nascoste  nella  nostra  memoria,  pronte  a  rassicurare    o sopraffare l’eroe bambino che è in ognuno di noi, ricordandoci che tra incantesimi e peripezie, metamorfosi e sortilegi possiamo superare e liberarci dalle difficoltà della vita. La  narrativa  fantastica  ovvero  le  fiabe  e  le  favole,  con  le  loro metafore, la triade conflitto-viaggi e metamorfosi  e  la  ricchezza  dei  loro  simboli,  offre  a psicologi, educatori  e  insegnanti  un  valido strumento di analisi e accompagnamento allo sviluppo. La  narrazione  fantastica  ha  origine  con  la  nascita  stessa  del  linguaggio  dell’uomo.  I  primitivi  che  si radunavano la sera attorno al fuoco, nel riferire le rispettive esperienze sulla giornata avevano la tendenza ad esagerare  le  loro  imprese;  i  cacciatori  ed  i  guerrieri  della  tribù,  ingigantendo  le  loro  gesta,  vedevano aumentare il loro prestigio sociale e il loro fascino sessuale per le donne. La narrazione fantastica primitiva aveva inoltre un valore apotropaico, cioè di allontanamento da un pericolo, oppure un valore propiziatorio, nella speranza che ciò che veniva narrato accadesse nella realtà. I  sovrani  illuminati  avevano  l’abitudine  di  tenere  presso  le  loro  corti  un  giullare  o  un  cantastorie,  che apparentemente  aveva  solo  il  compito  di  intrattenere  e  divertire  gli  ospiti,  ma  in  realtà  sciogliendo  le tensioni, consentiva di rafforzare vincoli di solidarietà, di suggellare accordi e soprattutto di celebrare, con un rituale, la straordinaria importanza di un evento. II cantastorie aveva un ruolo marginale ma estremamente delicato, quello di avviare un processo di integrazione tra l’attività intellettuale e le esigenze emotive degli individui. Inoltre esprimeva e divulgava, attraverso la semplicità dello spirito ludico, significati e messaggi di grande utilità sociale non altrimenti accessibili per l’uomo della strada. Nell’affrontare qualsiasi argomento, per  quanto  complesso,  usava  un  unico  denominatore:  l’uomo  in  quanto  tale. 

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