venerdì 4 novembre 2011

VIAGGI, DESTINI E FIABE DI QUI E ALTROVE

GIUSEPPE ERRICO
VIAGGI, DESTINI E FIABE DI QUI E ALTROVE

 Il mondo, in qualsiasi epoca,
ha sempre avuto bisogno di un altro mondo
Landi S.

La fiaba del sogno della felicita’

Dietro il racconto fiabesco si cela sempre il sogno di una felicita’[1] da conquistare e spesso perduta.
Per affrontare il complesso tema delle fiabe occorre pensare al destino dell’uomo e della donna e parlare di narrazione orale. Ma anche al desiderio di felicita’ insito nelle persone, di mutare la quotidianieta’ mediante il sogno, la fantasia, l’incanto.  

Non si tratta però di una felicità che, come nel pensiero illuministico-pedagogico, mira al benessere comune: è una felicità egoistica, spesso conquistata al prezzo dell’infelicità altrui  e con azioni degne della cronaca nera[2].

Alcune volte il viaggio fiabesco si presenta simile ad un evento di cronaca nera.
Da sempre l’umanita’ ha avuto bisogno del meraviglioso, della narrazione, del dire.

…il narrare come forma costitutiva e principio epistemologico dell’elaborazione pedagogica. Come dire: educare narrando, dare un impianto narrativo al percorso educativo, concepire l’educazione non solo come tempo e luogo delle spiegazioni, della trasmissione del conoscere, ma anche come ascolto reciproco tra soggetti narranti la cui identità è anzitutto un’identità narrativa[3].


La fiaba come racconto

“Fiaba”  e  “favola”  hanno  una  comune  origine  dal  verbo  “farior”  che  significa  dire,  raccontare;  quindi fiabe e favole sono racconti.

Possiamo chiederci allora: racconti di che cosa? 

Parole, quelle delle fiabe, che conducono al mistero, che avvicinano al sogno[4] e che attraggono ma spaventano e inquietano, incoraggiando aggiustamenti e censure, creando spesso angoscia e incertezza agli adulti e divertiti batticuori ai bambini. Storie seducenti, rinarrate e illustrate con speciale maestria, o, troppo spesso, banalizzate e “ripulite” dall’avvincente lato oscuro che suscita ambivalenza e timorosa diffidenza: storie coltivate con passione o allontanate con paura, che emanano  una loro esclusiva autorevolezza.
Per  secoli  le  fiabe  sono  state  conosciute  come  “racconti  di  fate”,  quindi  la  fiaba  ,  la  favola  e,  per certi aspetti il mito, sono racconti di eventi magici.

Il  termine  “fato”  inoltre  ,  deriva  da  “fatum”  cioè  destino;  quindi  le  fate,  quali  essere    magici,  sono  coloro  che  “fatano”,  che  predispongono  e  preordinano  i  fatti  della  vita  in  modo  che  si  determini il destino degli uomini.

In  ogni  fiaba  quindi  è  contenuta  la  narrazione  del  destino (conflitto  e metamorfosi)  dell’uomo e della donna   che  incomincia  la  sua  avventura terrena  e supera prove, ostacoli, conflitti utilizza mezzi magici e si piega  ai capricci della sorte.

Quindi,  incardinata  nella  fiaba  stessa,    c’è  l’idea  di  racconto  e  ,  specificamente,  di  racconto  di  fate  con  una  doppia  articolazione : 
racconto  di  “fate”  che  intervengono  a  modificare  la  sorte  dell’individuo e racconto di “fati”, cioè di destini e vicende individuali. 

Chi non vorrebbe vivere nella vita reale momenti magici? Momenti incantevoli e suggestivi? Momenti che esercitano un fascino straordinario, non appartenente alla quotidianità, ma a qualcosa che ha a che fare con il meraviglioso[5]


[1] In realtà le fiabe possono parlarci e descriverci della casa perduta o del castello conquistato ma anche dell’errare e del dolore, del ritorno del bene, di conquiste e del desiderio di tornare all’antica condizione. Spessonarrano di colui che si svela in un modo che sconvolge totalmente l’uomo e gli offre una mano di aiuto.  Spessoci aprono gli occhi e ci inviano messaggi non solo morali ma antiche sapienze popolariattivando percorsi impliciti educativi. Da sempre nel paese dell’infanzia la gerarchia dei valori umani e introspettivi è imperniata sulla priorità del dono e dello scambio. Il bambino spontaneamente coglie la realtà del mondo nel suo aspetto più essenziale che è la gratuità, l’incontro con la diversità, l’altro-da-se’.  Del mondo del dono parla appunto la fiaba ed è questo uno dei suoi aspetti primari e forse quello che più profondamente penetra nella verità dell’umano. Per questo la fiaba piace alle persone per il suo carattere collettivo (donare significa pur sempre stare con altri e dare ad altri). Sulla fiaba ormai si è scritto molto e su piani molto diversi:pochi testi  però hanno finora messo a fuoco,con sufficiente precisione e profondità, il nesso che lega il livello educativo a quello terapeutico, l’utilità sociale. Importanti, per chi scrive, sono alcune sue fondamentali ed intrecciate dimensioni: quella educativa-psicologica a quellasocio-antropologica, quella didattica a quella narrativa, quella teorica-esercitativa. Ma, ed è bene ricordarlo, in molte fiabe  il contenuto spesso non è consolatorio. Anzi è misteriosamente triste-sconfortante ocannibalico-predatorio[1]:la fiaba appare, in alcuni casi, più che uno strumento educativo e di consolazione, un mezzo specifico e ben organizzato per tentare di padroneggiare quell’aggressività predatoria, che permea da sempre le relazioni umanee nella fattispecie quelle genitori-figli. In sostanza rappresenta un vero e proprio strumento di preparazione alla lotta per la sopravvivenza e alla gestione dell'aggressività che inizia, precocemente, a trovare uno spazio nella psiche. Ma ilfondamentale interrogativo sul reale compito di una fiaba rimane ancora un mistero. Il racconto fiabesco aiuterebberealmente la persona a comprendere il mondo o a vivere serenamente e possono delle semplici fiabe essere davvero una sfida?( Cfr. Lusetti V., La predazione nella fiaba, Armando, Roma, 2010).

[2] Richter D., La luce azzurra, Mondadori, Milano, 1995, p.7.

[3] Nanni A., 1996, La pedagogia narrativa: da dove viene e dove va, in: Raffaele Mantegazza, a cura di, 1996, Per una pedagogia narrativa, Bologna, Emi, p. 40.

[4]  Freud,  negli  stadi  iniziali  della  teoria  psicoanalitica,  riteneva  che  per  interpretare  i  sogni  fosse  necessario  riconoscere  i  simboli  e  i  temi  presenti  nel  folklore.  Vedi  Freud  S.,  Oppenheim  D.E.,  Dreams  in  Folklore,  New  York,  International  University  Press,1958.  Nei  decenni  successivi  molti  altri  studiosi  hanno  scritto  sulle  affinità  esistenti  tra  le  fiabe  e  i  sogni,  ed  è  impossibile  elencarli tutti qui. Per approfondimenti, vedi Raufman  R.,  The  Affinity  between  the  Feminine  Dream  Narrative  and  the  Fairytale  -  Examining  the  Fairytale  as  a  Feminist  Genre.  University  of  Haifa,  Israel,2003.

[5] Landi S., C’è bisogno di magia…a partire dalla fiaba, in Cambi F., Landi S., Rossi G., La magia nella fiaba. Itinerari e riflessioni, Armando, Roma, 2010,  p.13.

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