mercoledì 13 luglio 2011

Sin dall’inizio il racconto fiabesco non attraversò, in termini di spazio/scena, solo il giardino di corte o la stanza dei bambini, ama anche lo spazio del teatro di strada mediante i contastorie. Tale genere nuovo deve la sua fortunata circolazione al fatto che, proprio perché si poneva come una pratica teatrale da passatempo, non è mai stato considerato dall’élite un genere letterario "alto". Ed è, probabilmente, proprio questa “noncuranza”, verso tale teatralità, che ha permesso a tale genere di muoversi ed agire in maniera flessibile per differenti pubblici e  in diversi luoghi (giardino o regno di corte, piazza, stanza dei bambini): il narratore può licitare il racconto adeguandolo al contesto culturale, alla situazione “particolare”, al gioco del racconto, alle esigenze personali, all'immaginario popolare, all’uditorio che gli sta dinnanzi, anche tra il popolo, la gente comune, l’aristocrazia e i mercati[1]. È per questo motivo che ancora oggi sappiamo di personaggi, vittime ed eroine, come Cenerentola e la Bella addormentata ma non ne abbiamo mai conosciuto il lato popolare descritto, in passato, dal Basile. Il   racconto   fiabesco :

«…rientra   nell’estetica   della “meraviglia”,  con  i  suoi  paesaggi  assurdi,  i  suoi  eventi  impossibili,  i  suoi  luoghi indeterminati,  le  sue  bellezze  e  bruttezze  fuori  misura,  le  citazioni  aucontraire, l’assemblaggio  disinvolto  di  generi,  intrecci,  persone  tratti  dalle  tradizioni  del racconto  mediterraneo»[2]. 



[1]Lo Cuntonon trova ambientazione a Napoli bensì nelle zone confinanti: l’entroterra napoletano, il salernitano, l’avellinese, il casertano e la Lucania, dove fu più facile e naturale attingere al patrimonio della memoria popolare, alla tradizione della fiaba e all’elemento della magia che la contraddistingue.
Questa sua attenzione alla vita e alle tradizioni della gente comune sembra avvalorare la tesi sostenuta, fra gli altri, dal filosofoBenedetto Croce, secondo la quale Basile, deluso ed amareggiato dalla pochezza degli uomini appartenenti alle classi sociali più elevate, nonostante egli stesso ne facesse parte, preferì dar voce al popolo depositario di una preziosa saggezza. Basile amava conoscere questa realtà che tanto lo affascinava ed era solito girare per i luoghi frequentati da gente appartenente a diversi ceti sociali. Proprio in questi luoghi l’Autore trovava l’ispirazione per le sue opere, come nel caso della quattrocentesca Taverna del Cerriglio, molto nota nel XVI secolo nel territorio napoletano ed oltre i confini del regno, per la bontà della cucina e per l’atmosfera bucolica, che ha ispirato una delle egloghe che compongono l’opera dialettale “Le Muse napoletane”.L’attenzione verso queste atmosfere popolari e queste tematiche, lo studio del dialetto, le invenzioni lessicali, i virtuosismi stilistici hanno fatto dello scrittore uno dei maggiori esponenti della letteratura dialettale e uno dei più grandi narratori di fiabe di tutti i tempi..

[2]Rak M., 2004,p.14.  

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